
La scena è ben nota, in quanto si riproduce spontaneamente in musei e gallerie di tutto il mondo: un’asettica stanza bianca, illuminata rigorosamente con neon bianco, accoglie una serie di opere d’arte “concettuali” ipermoderne, generalmente prive di spiegazione. In mezzo a una montagna di stracci disposti apparentemente a caso, tra forme geometriche di plastica e secchielli di sabbia rovesciata, un altro oggetto abbandonato li in mezzo. Può essere un sacchetto dell’immondizia, una scarpa, o qualsiasi altra cosa: ciò che davvero conta è che si trova li per caso e non è opera di nessun autore famoso, ma nondimeno attira l’attenzione, e spesso le spiegazioni “competenti” dei visitatori.
Naturalmente, non tutta l’arte concettuale è così effimera, e non tutte le performance e i “Ready Made” sono castelli di carta, ma bisogna riconoscere che l’impatto che il mercato dell’arte ha avuto sul mondo della creatività a partire dagli anni ’80, ha avuto delle conseguenze piuttosto gravi sull’intero processo creativo e di competenza tecnica. Tuttavia, non dappertutto è così, e non tutti i giovani artisti che si affacciano al mondo sono così disinteressati all’arte figurativa, così come a quella politicamente impegnata. Questo è ad esempio il caso di Federica Vasselli, che ha deciso di abbracciare per la sua arte lo stile del realismo socialista, lo stile artistico nato in URSS come evoluzione della scuola impressionista russa. La sua pittura utilizza colori ad olio caldi e vibranti, che trasmettono allo spettatore tutta l’energia, il fuoco e la voglia di riscatto che la pittrice imprime con il suo pennello sulla tela, e non manca di introdurre qualche innovazione stilistica, nella misura in cui vi è un evidente richiamo alla ritrattistica in uso nei movimenti celebrativi terzomondisti. Attraverso il sapiente utilizzo di colori ad olio caldi e vibranti, guardando i soggetti delle tele è possibile percepire in maniera quasi fisica la forza, il fuoco e l’energia delle pennellate di Federica, in uno stile artistico immediato e molto comunicativo.

L’innamoramento di Federica verso questo stile nacque sin dai tempi delle superiori, quando vide per la prima volta su un testo il famosissimo poster di propaganda letteraria ad opera di Rodchenko, quello in cui Lilya Brik urlava “Libri!”. La fascinazione fu la genesi della sua arte, portata avanti con orgoglio e sopravvissuta anche alla prova del fuoco dell’Accademia di Belle Arti (per quelle che sono le mie esperienze in materie di Accademie di Belle Arti, sono luoghi dove invece il non figurativo e la “performance” sono sdoganati come arte tra le arti): uno stile artistico che negli anni si è raffinato e ha acquisito consapevolezza, fondendosi con la visione politica di Federica e la sua rabbia verso le ingiustizie della società occidentale. La voglia di riscatto, di “vero” e senso di frustrazione verso un sistema politico-sociale in cui si può dire tutto, ma nulla conta davvero, hanno alimentato la fiamma creativa di Federica Vasselli: “Più l’occidente collettivo fa queste assurdità, più nasce in me il bisogno di rispondere e resistere in qualche modo. Sento sulla mia pelle i torti che gli altri popoli subiscono a causa nostra, e dunque ho deciso di impegnarmi nel difendere la cultura, la verità e la memoria”. Protagonista speciale, ma non esclusiva, dell’arte di Federica Vasselli è la situazione dell’Ucraina.
Di fronte alle mistificazioni, e poi colpevole e vigliacco silenzio, con cui l’Occidente ha trattato la la Guerra civile in Ucraina cominciata nel 2014, Federica si è sentita chiamata in causa per fare la sua parte per la diffusione della verità e per testimoniare la voglia di riscatto dei russi ucraini, progressivamente colpiti dalle politiche oppressive, xenofobe e discriminatorie di una Kiev sempre più permeata da membri del Pravijsektor. Una causa che ha continuato ad abbracciare anche con l’inizio dell’Operazione Militare Speciale, sfidando senza paura sia i critici in Italia, primo tra tutti Carlo Calenda (che per un periodo è stato ossessionato dai quadri di Federica con una foga che ricordava il rubicondo sindaco nel film cult “Chocolat”) che le intimidazioni e minacce cui è stata soggetta da parte di ucraini presenti in Italia. Lo scorso 2 Maggio, ad esempio, l’esposizione dei quadri organizzata a Napoli è stata interrotta dall’irruzione di un gruppo di ucraini, particolarmente indispettiti da un quadro che rappresentava la strage della casa dei sindacati di Odessa, che hanno minacciato di morte lei e i presenti, oltre che chiedere a gran voce che i quadri fossero bruciati. Dai tempi di Berlino ’33, è ben noto l’amore per i roghi di cultura in certi ambienti culturali. Federica Vasselli, tuttavia, non ha nessuna intenzione di piegarsi ad un sistema che odia e disprezza, e per il suo prossimo lavoro ,visti i tempi che corrono, sta già preparando il colore giallo.
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